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Amanpour non indossa il velo: il presidente iraniano Raisi rifiuta l’intervista alla Cnn

| 22 Settembre 2022

Niente hijab, niente intervista. La giornalista della Cnn Christiane Amanpour si è rifiutata di indossare il velo per un incontro a New York con il presidente conservatore iraniano Ebrahim Raisi, scatenando la reazione del leader di Teheran che ha prontamente annullato il faccia a faccia. A raccontarlo è stata la stessa reporter, di origini iraniane, mentre da giorni nel Paese si susseguono le manifestazioni per denunciare la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda deceduta mentre era sotto custodia della polizia morale per non aver indossato correttamente il velo islamico.

“Credo che Raisi non voglia essere visto con una donna senza velo nel momento in cui nel suo Paese infuriano le proteste”, ha spiegato la stessa Amanpour sul suo account Twitter. “E così ce ne siamo andati. L’intervista non c’è stata. Con le proteste che continuano in Iran e le persone che vengono uccise, sarebbe stato un momento importante per parlare con il presidente Raisi”, ha scritto la giornalista, che ha pubblicato la foto che la ritrae senza copricapo accanto alla sedia vuota nel luogo in cui si sarebbe dovuto tenere l’intervista a margine dell’Assemblea generale dell’Onu. Un gesto che ricorda quello di Oriana Fallaci che nel 1979, al termine di un’intervista con l’ayatollah Khomeini, si tolse il velo. Poco prima il capo della rivoluzione islamica le aveva detto che “la veste islamica è per le donne giovani e perbene”, scatenando lo sdegno della reporter che definì il foulard uno “stupido cencio da medioevo”.

E così ce ne andammo. L’intervista non è stata fatta. Mentre le proteste in Iran continuano e le persone vengono uccise, sarebbe stato un momento importante per parlare con il Presidente Raisi. 7/7 pic.twitter.com/kMFyQY99Zh

– Christiane Amanpour (@amanpour) 22 settembre 2022

Gesti simbolici che da giorni si ripetono in Iran, dove una marea umana sta sfidando il regime inneggiando al coraggio di Amini. Le manifestazioni, in oltre una trentina di città, puntano a rompere il tabù e a porre il potere di fronte a una sfida senza precedenti. Ma il costo in termini di vite umane è altissimo: secondo l’ong Iran Human Rights (Ihr) con sede a Oslo, sono almeno 31 i civili uccisi dalla repressione, mentre la televisione di Stato ha diffuso un altro bilancio parlando di 17 morti fra manifestanti e poliziotti. Centinaia i feriti e gli arresti di massa.

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