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Draghi verso le dimissioni: cosa succede ora. Due strade per Mattarella

Roma, 20 settembre 2022 – Mario Draghi verso le dimissioni al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il percorso politico del governo guidato dall’ex presidente della Banca centrale europea si avvia verso la fine dopo la lunghissima giornata al Senato, chiusa con il voto di fiducia che ha approvato le sue comunicazioni. Resta confermato dalle 9 di domattina il dibattito in aula alla Camera con il premier presente. Intorno alle 11 sarebbe prevista la replica alle nuove comunicazioni di Draghi, mentre dalle 13.45 la chiama per il voto di fiducia, con risultato previsto intorno alle 15. Con molta probabilità, però, la presenza di Draghi alla Camera alle 9 sarà solo formale: il tempo necessario per annunciare la decisione di dimettersi, prima di andare al Quirinale.

Mario Draghi, il premier che non ama l’Aula e quando la sfida fa un autogol

Il gioco politico però è già nelle mani di Mattarella. Due gli scenari possibili. Il capo dello Stato potrebbe accettare le dimissioni del premier e aprire le consultazioni per capire se esistono le possibilità di formare un nuovo esecutivo con le attuali forze parlamentari. Una soluzione questa che sembra però difficile, visto che il Quirinale ha sempre sostenuto che il governo Draghi sarebbe stato l’ultimo di questa legislatura. Il secondo scenario, quello decisamente più probabile, è quello che vede Mattarella accettare le dimissioni di Draghi e, dopo aver incontrato i presidenti di Senato e Camera come prevede la Costituzione, sciogliere le Camere, spalancando così le porte a elezioni anticipate. In quale data? Possibile il 2 ottobre. Devono infatti passare un massimo di 70 giorni dal giorno dello scioglimento. Difficile come data quella del 25 settembre, quando si celebra la festa ebraica di Rosh Hashanà: una sola volta nella storia repubblicana si è votato in coincidenza con festività religiose. 

Draghi al Senato: il riassunto della giornata

La lunghissima giornata di Mario Draghi al Senato è iniziata poco dopo le 9.45, quando il premier si è presentato in aula a Palazzo Madama e ha iniziato il suo discorso. Un intervento durato oltre mezz’ora, con passaggi molto duri nei confronti delle forze politiche della maggioranza. Puntualizzazioni precise, attacchi appuntiti nei confronti non solo del Movimento Cinque Stelle, ma anche della Lega e del centrodestra di governo. Poi l’appello finale: “All’Italia serve un nuovo patto di sviluppo concreto e sincero. Partite siete pronti a ricostruire questo patto?”.

Si arriva alla discussione in Aula, con le attenzioni politiche tutte spostate sul vertice del centrodestra a Villa Grande, residenza romana di Silvio Berlusconi. La Lega di Matteo Salvini, colpita dalle critiche di Draghi, si smarca dalla maggioranza con l’intervento del capogruppo Massimiliano Romeo: “Serve ricostruire un nuovo patto. Noi ci siamo, ma con una nuova maggioranza” e un nuovo governo senza il M5S, verga una nota del centrodestra di governo.

Arriva poi il momento delle risoluzioni. C’è quella di Calderoli della Lega, ma soprattutto c’è la risoluzione di Pier Ferdinando Casini che chiede che il governo Draghi vada avanti e porti fino in fondo il suo operato. La replica di Draghi a tutti gli interventi politici al Senato è molto breve ed ha un concetto molto chiaro: “Chiedo che sia posta la fiducia sulla risoluzione del senatore Casini”. Il centrodestra di governo decide di non votare la risoluzione Casini: la volontà della Lega, ma anche quella di Forza Italia, è chiara: l’esperienza con questo governo si è conclusa definitivamente sui richiami e le reprimende presenti nel discorso del premier. Si è incrinato il sentimento di pacificazione fra le diverse anime dell’esecutivo. Lega e Forza Italia non partecipano al voto di fiducia, mentre il Movimento 5 Stelle non esce dall’Aula, ma decidere di presenziare, ma di non votare. Fine dei giochi. 

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