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I migliori cocktail bar di New York: guida alla Grande Mela da bere

NEW YORK. La Grande Mela, da mangiare e da bere, in un viaggio tra i cocktail bar e i ristoranti con lo store manager & head bartender di Camparino, Tommaso Cecca. Non una guida gaudente del posto, dunque, ma una delle colonne portanti dell’ospitalità italiana con cui rintracciare alcuni dei migliori (e peggiori) locali di New York. Il luogo dei sogni ed emblema del “nuovo mondo”, però, è così vasto che non basterebbe una vita per avere una mappatura completa degli indirizzi, non fosse altro perché ogni settimana nasce qualcosa di nuovo. Bisogna quindi scegliere e andare sul sicuro.

Times Square

Times Square 

L’arrivo in città è inaugurato da Attaboy (134 Eldridge Street), il cocktail bar primo classificato nella nuova North America’s 50 Best Bars, presentata a New York il 7 giugno scorso: “Si conferma il bar dove bere meglio di qualunque altro, quattro anni fa lo avevo già considerato il mio preferito, oggi qui continuo a bere i migliori cocktail tra tutti”, afferma convinto Cecca. Ed è proprio così, questo speakeasy nascosto tra le stradine del Lower East Side ha un ingresso totalmente anonimo, si può bere all’esterno o dentro tra i mattoni nudi tipici di Nyc: la sostanza non cambia, si può vivere l’eredità lasciata dal creatore delle nuove strade del bar Sasha Petraske con il suo Milk & Honey aperto nel 1999, oggi proposta con rispetto dai suoi più importanti due apostoli Sam Ross e Michael McIlroy. Berrete variazioni perfettamente bilanciate dei cocktail dell’era del proibizionismo ma senza un menu, tutto avverrà oralmente.

Tommaso Cecca, bartender di Camparino

Tommaso Cecca, bartender di Camparino 

“Leggendo le classifiche attuali si evince come il primo bar sia uno speakeasy ed è a New York, così come il primo bar inglese è in un grande hotel, quindi è tutto molto coerente con una città in grande forma, con numerose novità e qualità diffusa. Tra queste il Katana Kitten (531 Hudson Street), un bar di ispirazione molto forte, influenze asiatiche americanizzate, tanta tecnica ed empatia coinvolgente”, continua Cecca. Questo bar di Masahiro Urushido propone un menu diviso tra highball, boilermaker e cocktail d’autore, un bar nippo-americano, un ibrido di due formidabili culture del bere a cui viene riservato lo stesso rispetto: un esempio è l’Hinoki Martini che fonde Oriente con Occidente.

“Sono rimasto molto sorpreso anche da Brooklyn che continua ad essere particolarmente attiva dal punto di vista dell’ospitalità; qui gli imperdibili sono il Leyenda della colonna July Reiner, il Long Island Bar guidato dall’inimitabile Toby Cecchini in pieno “Brooklyn style” dove scoprire gli ingredienti del mondo o il Clover Club nell’elegante Smith Street di Boerum Hill”, che colpisce con il suo stile tutto classico con sedie in pelle, legni scuri, pareti con mattoni a vista, soffitti in lamiera pressata e invoglianti cocktail.

Il ponte di Queensboro

Il ponte di Queensboro 

Il break è pero necessario, non si può affrontare un bar tour senza avere alcuni ristori degni di nota. Molto diversi tra loro ma tutti soddisfacenti da colazione a cena. Il buongiorno si vede dalle uova alla Benedict da ordinare al Sarabeth’s (40 Central Park S). Per chi è un “pastrami addicted” esiste il Dickson’s Farmstand Meats all’interno del Chelsea Market (75 9th Ave) dove godere di unte e bisunte preparazioni in pieno stile stelle e strisce. Per una dose di storia newyorkese è da la Bonbonniere che bisogna recarsi (28 8th Ave), sempre lì da novant’anni nella sua semplicità a servire caffè, donuts, sandwich, pancake e ciò che arriva dalla cucina di questo diner vecchio stampo il cui motto è “unpretentious normalcy is the whole point”, la normalità senza pretese è il punto!

Chi invece è alla ricerca di uno dei locali più à la page del momento dovrebbe appuntare l’indirizzo 112 E 11th St dove c’è il Moxy East Village, hotel in cui cenare al ristorante Cathédrale con la sua atmosfera suadente e una cucina variopinta che spazia nel Mediterraneo, e dove vivere la brezza serale del The Ready Rooftop Bar in cima all’edificio tra musica, luci colorate e numerosi drink.

Se proprio non potete fare a meno della madre patria recatevi al Cecconi’s (55 Water St) nel piccolo quartiere di Dumbo nel distretto di Brooklyn, dove la pizza Margherita è decente e i cocktail del barman Filippo Baldini sono una garanzia.

Il quartiere di Dumbo

Il quartiere di Dumbo 

Se poi volete capire di che fattura siano le stelle Michelin a New York, allora dovrete prenotare un tavolo da Le Pavillon, il bistellato in One Vanderbilt Ave, all’interno dell’omonimo grattacielo nel cuore di Midtown. Creatura dello chef francese Daniel Boulud (in città dal 1982), è circondato da un insolito verde tra i grattacieli, un rifugio goloso per i newyorkesi e i visitatori che vogliono rigenerarsi e godere di ingredienti freschi, di qualità e di provenienza locale. La cucina è in mano ai due giovani chef Michael Balboni e Will Nacev che stanno svolgendo un gran lavoro; un piatto su tutti (due i menu degustazione) sono le gustose ostriche gratinées con nocciola, crosta di alghe e prezzemolo che provengono dal fiume St. Johns.

Ora che la pancia ha trovato conforto è tempo di tornare al bancone dei bar, “Asia calling!” esclama Tommaso Cecca, e parte in direzione di un’insegna amata dai bartender, il Double Chicken Please (115 Allen Street), a dimostrazione di quanto spesso gli addetti ai lavori possano arrivare a scegliere un ritrovo non soltanto per la sostanza dell’offerta nel bicchiere. Questo bar, infatti, nonostante sia conosciutissimo in città propone una drink list alquanto bizzarra. È un’insegna pimpante, sorridente e con un grande via vai, quindi merita una prima visita per chi non ci fosse mai stato, almeno per decidere di non tornarvi più. “Mi piacciono i bar che durano nel tempo e che sono consistenti”, con quella coerenza inscalfibile e quel mood che rende anche un bar di quartiere uno degli indirizzi più cool in città.

Central Park

Central Park 

“Impossibile non citare Martiny’s (121 E 17th St) dal servizio impeccabile nella mani di Takuma Watanabe e dall’atmosfera iper rilassante, gusti netti e precisi, insieme al Mace (35 W 8th St) con il suo ambiente più newryorkese molto rilassato e in stile “t-shirt life” con cocktail selection eterogena e calibrata ma molto casual”, conclude Cecca. Da citare perché valgono la tappa anche il Junoon, il Valerie e Dante che ha perso un po’ di smalto ma merita la bevuta (non la cucina).

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