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“Imprese in crisi. La cassa integrazione per il caro energia”

Ercole Botto Poala, presidente di Confindustria Moda, ieri è stata presentata la Settimana della Moda Donna che si terrà a Milano dal 20 al 26 settembre. Ieri sera, sette manifestazioni fieristiche del mondo del fashion si sono raccontate nell’evento «l’Arte di Fare Moda», attraverso alcune delle più significative opere esposte nella Pinacoteca Ambrosiana a Milano. Ci può raccontare meglio?

«Si tratta di un evento che lancia un treno di fiere che da settembre per tutto l’autunno vedrà esposti 3.240 brand. Obiettivo: realizzare un sistema di fiere sempre più coeso, a favore di una nuova spinta pensata per guardare al mercato e ai suoi buyer con una strategia unitaria».

Cosa vi aspettate?

«Le fiere sono un importate termometro del mercato, fondamentali per incontrare i buyer e programmare le attività nel medio periodo. Il 2021 ha fatto registrare un balzo del fatturato, in crescita del 22,2 per cento. Dato confermato anche dai primi sei mesi del 2022, con una previsione di crescita attorno al 16 per cento. Attenzione però: questa crescita fa riferimento al fatturato, e non agli utili. Ben prima del conflitto russo-ucraino, infatti, Confindustria Moda segnalava un preoccupante aumento dei costi dell’energia e delle materie prime».

Cosa significa questo dato?

«Nel 2021 abbiamo visto che il mondo, che si stava riprendendo anche se solo in parte dalla pandemia, aveva voglia di Made in Italy. Abbiamo l’opportunità di crescere e tornare a correre, a dobbiamo essere messi nelle condizioni di farlo».

Quanto incide il settore della moda sull’economia italiana?

«Il fatturato di Tessile, Moda e Accessorio nel 2021 si è attestato a poco meno di 92 miliardi di euro, di cui circa il 70 per cento prodotto grazie all’export. Questo conferma il Tessile, Moda e Accessorio come il principale contributore al saldo positivo della bilancia commerciale del Paese».

Quanto incide il caro energia sul settore? Si può parlare per la pelletteria o per il tessile di industrie «energivore»?

«Nel corso di questi mesi la questione energetica è arrivata a toccare vette impossibili da gestire per le imprese del Tessile, Moda e Accessorio, specialmente per le aziende a monte della filiera che, per la loro natura trasformativa, sono particolarmente energivore. Per fare alcuni esempi: il settore orafo registra un aumento dei costi del gas del 400 per cento e dell’energia elettrica del 485 per cento, il conciario evidenzia un aumento dei costi attorno al 700 per cento, il tessile evidenzia aumenti che arrivano fino al 300 per cento».

Ci sono già segnali di sofferenza?

«Abbiamo registrato un aumento importante della richiesta di cassa integrazione delle aziende. Molte di loro, provate dalla pandemia, adesso non riescono più a rialzarsi. Moda e turismo sono stati i settori che hanno più sofferto dalla pandemia: nel 2020 ha registrato una perdita del 26 per cento del fatturato rispetto al 2019. La difficoltà sta anche in questo: una volta ricevuto un ordine, questo non viene lavorato subito ma magari a distanza di qualche mese. Ma il prezzo dell’energia e quindi il costo del prodotto concordato al momento dell’ordine non è lo stesso, ma nettamente aumentato. Il costo della produzione diventa così insostenibile e alle aziende conviene chiudere piuttosto che produrre. Abbiamo cercato di sensibilizzare il governo anche sulla possibilità di aumentare il Welfare aziendale, per andare incontro ai nostri dipendenti».

Cioè?

«C’è un tema assolutamente non trascurabile di marginalità e di rischio di crisi sociale: un operaio a parità di stipendio si trova poi a fare i conti con il maxi aumento della bolletta di casa che inizia non essere più sostenibile. Questa speculazione sui prezzi dell’energia, decisa da algoritmi, si gioca sulla pelle della aziende ma soprattutto delle persone».

Che proposte avete avanzato?

«A luglio, per sopperire almeno parzialmente al forte incremento dell’inflazione, il mondo della moda ha chiesto al Governo di concedere alle aziende del settore la possibilità di erogare, su base volontaria, ai propri dipendenti fino a 100 euro al mese aggiuntive alla normale retribuzione e totalmente esenti da ritenute fiscali e contributive. Ciò almeno per il 2022 e il 2023 e limitatamente ai lavoratori con redditi fino a 35mila euro. Il Governo ha accolto parzialmente questa richiesta concedendo fino a 600 euro di esenzione fiscale e contributiva per il 2022 per tutti i dipendenti».

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