29 Giugno 2025

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In fondo alla scala sociale, la solidarietà non è carità — è comunità.

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«Se sei nei guai, ferito o nel bisogno, vai dai poveri. Sono gli unici che ti aiuteranno, gli unici davvero.»

(John Steinbeck)

Non è solo un’osservazione sociale. È un atto d’accusa morale, un commento politico e una verità profondamente umana, distillata in una sola frase.

Un paradosso di generosità

A prima vista sembra contraddittorio: perché proprio chi ha meno sarebbe più disposto a dare?

Eppure l’esperienza lo conferma.

Chi ha attraversato la sofferenza la riconosce negli altri. Non ha bisogno di spiegazioni, né di credenziali, né fa la morale.

Aiuta — spesso d’istinto — perché sa cosa significa non essere aiutato.

Il privilegio del distacco

I ricchi, suggerisce Steinbeck, sono spesso protetti dal loro benessere. La loro generosità può diventare astratta, istituzionalizzata, delegata — filtrata attraverso associazioni, politiche, o la distanza.

Si perde l’immediatezza dell’empatia. La sofferenza diventa qualcosa da gestire, non qualcosa a cui rispondere in prima persona.

Solidarietà, non carità

I poveri non aiutano per pietà. Aiutano per solidarietà. C’è un codice silenzioso tra chi lotta: oggi tocca a te, domani potrebbe toccare a me.

Non è una transazione. È una comunità.

Un’accusa alla società

Steinbeck, come Dostoevskij o Orwell, ha spesso smascherato l’ipocrisia della cosiddetta civiltà. In una società che si proclama evoluta, umana e giusta, la compassione più autentica si trova non in alto, ma in basso.

Questa frase non è romanticismo. È realismo — nato da una vita passata a osservare braccianti, mezzadri e famiglie senza terra, come quelle di “Furore” (The Grapes of Wrath).

Un invito a ripensare il valore

Il messaggio sottinteso è radicale: la ricchezza morale non coincide con quella materiale. Chi non possiede nulla può essere colui che custodisce la più profonda umanità — perché non ha ancora dimenticato cosa significa avere bisogno, e cosa significa essere necessario a qualcuno.

In questo senso, i poveri non sono solo soccorritori.

Sono gli ultimi custodi di una forma di decenza che il resto del mondo, perso tra agio e competizione, ha in gran parte dimenticato.

Steinbeck non ci chiede di sentirci in colpa.

Ci chiede di guardare — e di imparare.