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In Parlamento 345 posti in meno, ora i sindaci puntano al terzo mandato. Da Gori a Mastella, l’asse bipartisan

di Claudio Bozza

I sindaci delle grandi città non possono candidarsi alle elezioni politiche. Intesa Lega-Pd per una riforma, ma il M5S è scettico. La missione di Decaro (Anci) a Roma per convincere i partiti

Pd e Lega hanno raggiunto un accordo politico per riformare la legge e rendere possibile il terzo mandato anche per i sindaci delle città più grandi, opzione oggi vietata. Sul tavolo della trattativa è finita anche la reintroduzione dell’elezione diretta dei presidenti di Provincia. Ma su questo secondo punto la strada è più in salita per via della forte contrarietà del M5S, che pure non ha eretto un muro sul terzo mandato. Il segretario dem Enrico Letta si è detto favorevole (a titolo personale), così come il leghista Stefano Locatelli, braccio destro di Matteo Salvini per gli enti locali.

Il Pd e la Lega sono i partiti con il numero più alto di sindaci in carica. Molti di questi, però, rischiano di rimanere «esodati» alle elezioni politiche del 2023, quando con l’entrata in vigore della riforma «anticasta» voluta dal M5S ci saranno 345 posti in meno in Parlamento. Perché nel cursus honorum di un discreto numero di primi cittadini, finora, c’era appunto stato anche il salto alla Camera o al Senato, grazie alla forza di essere i garanti migliori per il legame con i territori. Alle prossime elezioni ci saranno 230 deputati e 115 senatori in meno e fare le liste sarà un vero rompicapo per i segretari dei partiti più grandi.

Nel frattempo, però, a sostenere questa operazione a sostegno dei primi cittadini è entrato in vigore un forte aumento delle indennità per sindaci e gli assessori, che arriverà progressivamente a +100% in tre anni secondo la tabella del governo. Una mossa, questa, che si era necessaria davanti al calo delle «vocazioni», vista la penuria dei candidati sindaco per via di stipendi talvolta irrisori a fronte di forti responsabilità, specie a livello giudiziario.

La lista dei sindaci vicini a concludere il secondo mandato, e con una incognita sul proprio futuro, è piuttosto lunga e conta nomi anche importanti. In cima alla lista c’è il sindaco di Bari Antonio Decaro, presidente dell’Anci, associazione che tra gli emendamenti caldeggiati ne sta spingendo uno che elimina anche il divieto di candidarsi al Parlamento per i sindaci di città sopra i 20 mila abitanti. Gli amministratori che rientrano in questa categoria, secondo la legge attuale, per correre al Parlamento hanno l’obbligo di dimettersi sei mesi prima, facendo arrivare un commissario prefettizio alla guida della città, per poi votare. A caldeggiare il terzo mandato ci sono poi i dem, vicini alla fine del secondo: Dario Nardella (Firenze), Giorgio Gori (Bergamo), Emilio Del Bono (Brescia), Matteo Ricci (Pesaro), Mattia Palazzi (Mantova). E sulla sponda politica opposta, oltre al primo cittadino di Arezzo Alessandro Ghinelli, il più agguerrito sostenitore è, ça va sans dire, Clemente Mastella (Benevento). Decaro, in veste di leader Anci e sostenuto da decine e decine di primi cittadini, annuncia una missione bipartisan per incontrare a Roma i leader di tutti i partiti.

Per arrivare al via libera ufficiale del terzo mandato prima delle elezioni c’è infatti da correre. In Senato, intanto, è stata approvata una modifica alla legge Pella, che consentirà di essere rieletti ai sindaci dei Comuni fino a 5 mila abitanti (il tetto era a 3 mila). Ora la palla è in mano alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, che sembra aver rivisto la sua iniziale contrarietà all’operazione pro sindaci per tutte le città: toccherà quindi a lei presentare al governo un disegno di legge di riforma del Testo unico degli enti locali. Poi, con gli emendamenti in Parlamento, i partiti puntano alla svolta. Con l’incognità peones, però, perché la concorrenza dei sindaci, legati al territorio, fa paura a tanti.

9 aprile 2022 (modifica il 9 aprile 2022 | 08:41)

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