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La vicepremier di Kiev:  «Duemila civili prigionieri dei russi. Un patto per Azovstal»

di Giusi Fasano

Iryna Vereshchuk: «Per evacuare l’acciaieria Azovstal pretendiamo un accordo con mediatori, come la Turchia. Dall’Italia ci aspettiamo sostegno per l’adesione all’Unione europea»

Dalla nostra inviata


KIEV — «Irussi hanno nelle loro mani più di 2.000 civili. Li trattano come criminali di guerra. Li tengono in prigione, li minacciano, li torturano, li picchiano. La convenzione di Ginevra non ci consente di scambiare i soldati con i civili e quella gente ha bisogno di aiuto. Sono sindaci, giornalisti, attivisti per i diritti umani, amministratori, volontari…».

Iryna Vereshchuk
, vicepremier ucraina e fedelissima di Zelensky, per quei civili confida nell’intervento delle organizzazioni umanitarie e dice che lei, comunque, prova a chiedere anche di loro ogni volta che si occupa di uno scambio di prigionieri. Tocca a lei organizzare, appunto, gli scambi di prigionieri, lei tratta con il Cremlino per aprire corridoi umanitari, lei è la ministra per la reintegrazione dei territori occupati… Un compito più arduo dell’altro.

Quanti militari ha riportato a casa finora?


«Dall’inizio della guerra sono tornati indietro 360 dei nostri soldati scambiati con soldati russi».

78 giorni di guerra e non si vede la fine. Secondo lei come se ne esce?


«La sola via d’uscita è la vittoria dell’Ucraina con i territori riconosciuti dalla comunità internazionale nel 1991 (con la dichiarazione di indipendenza dello Stato ucraino ndr). Ma questa vittoria è possibile soltanto con l’impegno dei Paesi occidentali: non intendo soldati ma armi, assistenza e sanzioni».

Secondo molti analisti la guerra durerà a lungo. L’Ucraina è pronta a una guerra lunga?


«Non abbiamo scelta perché non siamo noi a deciderlo. La sola cosa che sappiamo è che dobbiamo rimettere in piedi il nostro Paese e lo faremo».

Lei crede che la richiesta della Finlandia di entrare nella Nato creerà un’escalation del conflitto?


«Putin è irrazionale ma il giorno in cui la Finlandia, e io dico anche la Svezia, entreranno nella Nato, lui sarà stretto in un angolo e sappiamo che in quel caso potrebbe diventare più pericoloso di quanto sia già. Del resto questo è il momento migliore per i due Paesi per fare questo passo e il loro ingresso nella Nato è anche una risposta a Putin sull’Ucraina. È un segnale forte, anche per i Paesi baltici che temono la Russia e si sentirebbero più protetti».

Qual è la situazione al fronte?


«Sta cambiando. In alcune aree, come nella regione di Luhansk, i russi avanzano e in altre zone come nell’Oblast di Kharkiv invece si stanno ritirando. La cosa importante a questo punto è il nostro potenziale di difesa, e sfortunatamente al momento non è abbastanza per fermare l’avanzata dei russi».

I negoziati sono scomparsi dai radar…


«In questi giorni sono congelati. Il presidente ha chiesto un corridoio di salvezza da Azovstal e al momento il solo punto in discussione con i russi è questo. Tutte le altre discussioni o azioni politiche possono essere messe sul tavolo soltanto dopo questo. Anche se siamo sempre pronti a nuovi incontri, finché non veniamo a capo della questione umanitaria ad Azovstal non ci saranno altre trattative fra i negoziatori».

State trattando per liberare i feriti nell’acciaieria?


«Sì, giorno e notte. Lì dentro ci sono 38 nostri soldati feriti gravemente. Abbiamo offerto in cambio 38 prigionieri russi e abbiamo un piano già pronto che potrebbe funzionare. Se tutto va bene proveremo a metterlo in pratica entro la fine della settimana. Ma date le esperienze passate con i russi durante le evacuazioni, stavolta pretendiamo un accordo firmato tra le parti. Cioè Ucraina, Russia, Croce Rossa e un Paese mediatore come potrebbe essere la Turchia. Se va bene, le ambulanze della Croce rossa entreranno ad Azovstal e caricheranno i feriti mentre noi libereremo i soldati russi».

Che cosa si aspetta l’Ucraina dall’Italia e dal presidente del Consiglio Mario Draghi?


«Prima di tutto mi lasci ringraziare l’Italia e gli italiani per il loro sostegno. Al premier Draghi voglio dire che se vorrà venire in Ucraina sarà il benvenuto perché gli siamo molto grati e abbiamo un buon feeling con lui. Quello che mi aspetto dall’Italia e da Draghi è il suo sostegno per la nostra aspirazione nel voler diventare membri dell’Unione europea. È importante sostenerci adesso ma lo sarà molto anche a giugno, quando si deciderà sulla nostra adesione all’Ue».

Mario Draghi parla anche di un Piano Marshall per l’Ucraina.


«Sono felice che leader europei come lui prendano in considerazione questa ipotesi, che ci stiano pensando. Posso aggiungere un’altra cosa sull’Italia?».

Prego.


«Quella famosa intervista a Lavrov trasmessa da una vostra televisione. Molti l’hanno criticata. Io invece sono grata che sia stata fatta: perché si è potuto vedere quello che pensa e sente quell’uomo…».

Secondo lei c’è qualcosa di più che l’Europa può fare e non ha ancora fatto?


«Può andare più a fondo con le sanzioni. Chiediamo l’embargo su petrolio e gas. La guerra non è soltanto di Putin e delle persone che lui ha attorno. Tutti i russi sono responsabili di questa guerra, nessuno escluso. L’Europa potrebbe fare di più ogni giorno per far sentire il peso delle responsabilità di questa guerra a ogni russo».

13 maggio 2022 (modifica il 13 maggio 2022 | 07:42)

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