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Mancanza di chiffari

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Un’epidemia siciliana senza vaccino all’orizzonte

In Sicilia, il caos non ha quasi mai bisogno di un motivo.

Una lite per un lettino in spiaggia, una cospirazione nata in fila dal panettiere…

Chiedi il perché, e qualcuno sospirerà:

“Mancanza di chiffari.”

(Troppo tempo libero, troppo pochi affari veri.)

L’espressione sembra innocua, ma è micidiale.

I chiffari sono le cose da fare — attività vere: potare la vigna, zappare l’orto; insomma, cose serie.

La mancanza è quel vuoto cosmico dove un tempo abitava il buon senso.

Messi insieme, diventano il motore del non-senso più affidabile a sud di Napoli.

Non è pigrizia. È tradizione.

Quando lo scopo si prosciuga, il caos comincia a scorrere:

  • Il vicino si trasforma in detective.
  • La zia diventa un’oracolo di geopolitica.
  • Il cugino, che a scuola andava male, adesso tiene lezioni sul cambiamento climatico.

Dalla saggezza da bancone all’invadenza gratuita, tutto comincia da lì: mancanza di chiffari.

Non è solo un vizio. È un’arte.

Antica, raffinata, e altamente contagiosa.

Nel mondo anglosassone si dice: “Il diavolo trova lavoro per le mani oziose.”

In Sicilia, il diavolo guarda la scena, sospira e dice:

“Io, ‘na cosa accussì, manco l’avissi pinsata.”

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