Questa espressione siciliana è solo in apparenza semplice.
In quattro parole racchiude due dimensioni distinte dell’esperienza umana: una sociale, l’altra psicologica.
Entrambe sono segnate da un senso silenzioso di distacco, di resistenza, e da un commento implicito sul proprio posto nel mondo.
Primo significato: la condizione dell’essere trascurati
Nel suo senso letterale, manciavu pani scurdato indica il mangiare pane dimenticato — vecchio, raffermo, messo da parte.
Non si parla di nutrimento, ma di status.
Chi lo dice si presenta come qualcuno che si accontenta di ciò che gli altri scartano.
Non chiede attenzione, non si lamenta — constata: sono stato dimenticato, eppure continuo a vivere.
Può essere detto con ironia, con rassegnazione, o persino con un certo orgoglio.
Appartiene a quella sensibilità siciliana che conosce la sofferenza senza bisogno di teatralizzarla.
Si vive, con modestia, senza illusioni.
Dimenticati dagli altri, ma non da sé stessi.
Secondo significato: un’assenza mentale
L’espressione funziona anche come metafora della distrazione.
In questo senso vuol dire:
– Non stavo attento.
– Mi è sfuggito.
– Ero altrove con la testa.
È un modo per spiegare un’assenza mentale senza farne un dramma.
Forse si stava pensando ad altro.
Forse la mente era altrove.
Forse la vita è passata mentre si masticava qualcosa di insapore, senza rendersene conto.
Entrambi i significati ruotano attorno all’idea del dimenticare — essere dimenticati, o dimenticarsi.
Che l’oblio venga dagli altri o da dentro di sé, la frase descrive una forma sottile di disconnessione.
Ma lo fa senza autocommiserazione.
Non è una richiesta d’aiuto.
È una constatazione, pronunciata con la sobrietà asciutta di chi ha imparato a vivere ai margini — sociali o interiori.
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