Molti muoiono a venticinque anni e non vengono seppelliti prima dei settantacinque.

(Benjamin Franklin)

Questa citazione è un’osservazione metaforica sulla condizione umana, in particolare sulla perdita di passione, curiosità e senso dello scopo.

La società scoraggia spesso il rischio, l’immaginazione e l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita.

Purtroppo a venticinque anni molti hanno già abbandonato i propri sogni, smesso di crescere intellettualmente, o ceduto alla routine, al conformismo e alle aspettative sociali.

Si adattano a una vita priva di creatività, ambizione o gioia; e anche se vivono altri cinquant’anni, lo fanno in modo meccanico, senza evolversi né entrare davvero in contatto con la vita.

Smettono di crescere, sognare o cambiare molto presto: sono vivi fisicamente, ma già morti nello spirito.

Questa riflessione ci invita a domandarci se stiamo davvero vivendo con intenzione e vitalità, o se stiamo semplicemente sopravvivendo, in attesa della fine inevitabile.

La vera morte non coincide con la fine del corpo, ma con il momento in cui smettiamo di partecipare attivamente alla vita—intellettualmente, emotivamente e creativamente.