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Raffaele Ganci, morto a novant’anni il boss di Cosa nostra. Scontava l’ergastolo al 41-bis

Mai pentito, il boss della Noce era ritenuto un fedelissimo di Totò Riina, al quale fornì assistenza durante la latitanza. Diede voto favorevole, all’interno della “Commissione provinciale” di Cosa nostra, alla decisione di assassinare i giudici Falcone e Borsellino: i suoi figli, Nunzio e Calogero Ganci, fecero parte del commando che eseguì le stragi. Il 10 giugno 1993 fu arrestato a Terrasini dopo cinque anni di latitanza

È morto in un ospedale a Milano il boss palermitano Raffaele Ganci, capo storico del mandamento della Noce. Aveva novant’anni e stava scontando diversi ergastoli in regime di 41-bis. Ganci, mai pentito, era ritenuto un fedelissimo di Totò Riina, al quale fornì assistenza durante la latitanza. Diede voto favorevole, all’interno della “Commissione provinciale” di Cosa nostra, alla decisione di assassinare i giudici Falcone e Borsellino: i suoi figli, Nunzio e Calogero Ganci, fecero parte del commando che eseguì le stragi.

Vicino al clan dei Corleonesi, fu ritenuto tra i responsabili degli omicidi del giornalista Mario Francese, dei boss Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo e del generale e prefetto di Palermo Carlo Alberto Dalla Chiesa. Partecipò anche all’organizzazione dell’assassino del vicequestore Ninni Cassarà (nel 1985) e del giudice istruttore Rocco Chinnici (nel 1983). Il 10 giugno 1993 fu arrestato a Terrasini dopo cinque anni di latitanza, insieme ai figli e al genero Francesco Paolo Anzelmo.

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