15 Novembre 2025

trendynet

La piattaforma multi servizi dedicata alla informazione, intrattenimento e al tempo libero

Restare fermi sulla propria posizione: quando “spezzarsi e non piegarsi” è la scelta giusta

image_pdfScarica articolo/Blogimage_printStampa articolo/Blog

La flessibilità aiuta a negoziare e crescere, ma a volte scivola in cedevolezza e, con essa, nella rinuncia a ciò che ci definisce.

La flessibilità è un mezzo, non un fine: è utile finché non tocca l’asse dei principi: verità, sicurezza, dignità, legalità; superata quella linea, piegarsi non è intelligenza, è abdicazione.
La reputazione, costruita in anni e persa in un minuto, vive su questo confine.

Anche l’ingegneria lo ricorda: ogni sistema ha un limite di snervamento; superato, non torna più com’era.
Così nelle organizzazioni: ci si adatta senza tradire l’essenziale; se cede l’essenziale, si deforma l’identità.

Quando la rigidità è virtù:

  • Se il compromesso viola un valore non negoziabile,
  • Se è in gioco la sicurezza,
  • Se si minano regole uguali per tutti,
  • Se la verità viene sacrificata a una narrazione comoda,
  • Se un sì oggi genera dieci ingiustizie domani.

Rigidi nei principi, creativi nei metodi

La fermezza non è testardaggine: è dire “no” all’inaccettabile e “sì” a tutto ciò che è migliorabile.
Si può restare inflessibili sul “perché” e flessibili sul “come”: il fine resta integro, i mezzi si adattano.

Tre pratiche per una fermezza corretta:

  1. Chiarezza preventiva: dichiarare a sé e agli altri i confini non negoziabili.
  2. Coerenza consequenziale: accettare il costo del no, senza cercare scuse.
  3. Eleganza del rifiuto: difendere il principio con rispetto, non con aggressività.

Spezzarsi e non piegarsi è un paradosso solo all’apparenza: meglio perdere un affare adesso, che perdere il metro con cui si misurano tutti gli affari futuri!

La flessibilità apre strade; la fermezza dà direzione.
Se confliggono, la direzione salva il viaggio.