30 Giugno 2025

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Se non è rotto, non lo riparare

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Il ragionamento di oggi si collega idealmente a quello di ieri sull’eternità del provvisorio.

Questa massima, di apparente semplicità quasi ingegneristica, racchiude in realtà una filosofia pragmatica, conservatrice e — talvolta — pericolosa.

Nella sua forma concisa invita alla cautela: se qualcosa funziona, anche imperfettamente, meglio non toccarlo.

Cambiare ciò che sembra reggere può innescare conseguenze impreviste, o compromettere equilibri che, pur precari, si dimostrano stabili.

Nella gestione aziendale, nella manutenzione tecnica, nella politica o nelle relazioni personali, questa frase è spesso evocata come principio di buon senso:

* Evita interventi superflui.

* Non creare problemi dove non ce ne sono.

* Non scambiare l’ansia di innovare con la necessità di cambiare.

Tuttavia, se applicato in modo meccanico, questo principio rischia di trasformarsi in ostacolo:

* Un sistema può non essere rotto, ma comunque superato.

* Una prassi può funzionare, ma solo perché ci si è adattati ai suoi limiti.

* Una relazione può reggere, ma a scapito della sincerità o del benessere.

La sottile linea tra prudenza e immobilismo è facile da oltrepassare.

“Se non è rotto, non lo riparare” può diventare una scusa comoda per evitare decisioni, per rifuggire la responsabilità di migliorare, per proteggersi dal rischio dell’ignoto.

E forse, oggi, servirebbe una variante più attuale:

“Solo perché non è rotto, non significa che funzioni davvero.”

In un mondo in cui spesso i problemi emergono dopo che qualcosa ha ceduto, la vera lungimiranza sta nel vedere oltre l’apparente stabilità.

“Se non è rotto, non lo riparare” è una lezione di cautela, ma non è una legge immutabile.

Talvolta, migliorare prima che qualcosa si rompa — o proprio perché ancora non si è rotto — è il segno di una vera visione.