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Strage di Samarate, Alessandro Maja ha ucciso prima la moglie Stefania: la figlia Giulia ha cercato di difendersi

di Andrea Galli

La strage in famiglia dell’architetto-killer. La moglie Stefania Pivetta anche accoltellata, alla gola. La 16enne Giulia svegliata nel letto e aggredita con cacciavite e martello. I risultati dell’autopsia

Come raccontano le abrasioni sulle mani e sulle braccia evidenziate dal medico legale, la 16enne Giulia, dopo essersi svegliata nel letto mentre il padre la colpiva con cacciavite e martello, ha invano tentato di resistere alla furia di Alessandro Maja, l’architetto-imprenditore che, nella notte tra martedì 3 e mercoledì 4 maggio, ha ucciso la ragazza e, prima di lei, la moglie Stefania, 56 anni. Quest’ultima, sempre secondo il referto dell’autopsia compiuta nella giornata di sabato, sarebbe anche stata raggiunta da un fendente alla gola e, nella sequenza assassina del 57enne Maja, sarebbe stata il primo obiettivo.

La notte dell’orrore

Stefania riposava al piano terra della villetta di Samarate, in provincia di Varese, sotto un plaid. Dopo averla ammazzata, Maja è salito al piano di sopra, diretto alle camere da letto dei figli. Lui pensava di aver ucciso anche il primogenito Nicolò, 23 anni, che rimane ricoverato con enormi dubbi dei medici sulle sue condizioni neurologiche: i dottori hanno dovuto rimuovere nel cranio frammenti di ossa spezzate dai colpi dell’architetto-imprenditore, noto a Milano (la sua società ha sede sui Navigli) e impegnato in ristrutturazioni e interior design specie di bar e ristoranti, spesso, a quanto pare, di commercianti cinesi. In attesa dell’interrogatorio di garanzia di Maja, trasferito dal carcere in ospedale, nel reparto di Psichiatria, carabinieri e Procura stanno insistendo nell’esplorazione di una possibile seconda vita dell’assassino. Il quale non faceva altro, in casa, che ripetere un imminente futuro di disastri economici, e perseguitava tutti lamentando eccessive spese domestiche.

Le operazioni finanziarie

L’ipotesi, quantomeno a dar retta alle parole di Maja, che però parimenti potrebbe essersi inventato tutto, o aver esagerato la realtà dei fatti, è che l’architetto-imprenditore, il quale appena compiuto il massacro si era vantato coi vicini per esserci «finalmente riuscito», si sia avventurato in spericolato operazioni finanziarie. Oppure abbia preso soldi in prestito non sapendo più come restituirli. Uno scenario esterno al circuito legale degli istituti di credito, e magari popolato di soggetti che non aveva né tempo né pazienza. A meno che, come detto, non sia stata un’intera trasfigurazione della realtà di un uomo che, la sera prima della strage, a conferma della premeditazione, aveva chiesto scusa alla figlia, senza aggiungere altro.

La mattanza e le ferite: l’ipotesi di una messinscena

Il progetto di morte prevedeva un ultimo atto, ovvero il suicidio di Maja, il quale, armato di trapano e coltello, avrebbe anche cercato di ferirsi a polsi e addome, presto desistendo, oppure realizzando una messinscena. In una fase successiva, negli accompagnamenti tra carcere e ospedale, ha iniziato a ripetere di essere un mostro, ammettendo le proprie colpe, ma, di nuovo, evitando di fornire elementi tali da permettere una ricostruzione esatta dei fatti. Si sa che, martedì, era uscito dagli uffici alle 14. Ma da lì in poi, s’ignora cosa abbia fatto fino a quando, in piena notte, ha disposto sul tavolo gli strumenti del massacro e ha avviato la sequenza di morte.

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10 maggio 2022 (modifica il 10 maggio 2022 | 14:42)

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