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Ucraina, von der Leyen a Kiev. Missili russi su una diga della città natale di Zelensky. Reuters: “Putin a marzo rifiutò piano di pace accettato da Kiev”

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen è a Kiev per la terza visita dall’inizio della guerra in Russia. Il viaggio ufficiale arriva dopo il ritorno di buona parte dell’oblast di Kharkiv in mani ucraine. Le forze di Kiev continuano ad avanzare, con 8.500 km quadrati di territorio ripreso, e adesso guardano al Lugansk. Mosca continua ad attaccare su vari fronti: dopo i raid contro impianti energetici a Kharkiv, giovedì è arrivata notizia di un altro missile su Zaporizhzhia e parte dei residenti di Kryvyi Rih, la città natale di Volodymyr Zelensky, sono stati evacuati perché diversi missili hanno danneggiato la diga sul fiume Inhulets che ha inondato le strade e più di 100 case. “Il tentativo è quello di lavare via una parte della nostra città. Stiamo monitorando la situazione, ma il livello dell’acqua è salito”, ha detto il capo dell’amministrazione militare Oleksandr Vilkul, citato da Ukrinform. Per gli ucraini è una nuova vendetta mirata a provocare “una crisi umanitaria”.

Intanto il Cremlino attraverso l’ambasciatore negli Usa Anatoly Antonov ha avvertito che se le forze armate ucraine otterranno da Washington i missili balistici Atacms “un simile scenario significherebbe un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti in un confronto militare con la Russia”. Quei missili “sono progettati per colpire obiettivi a una distanza massima di 300 chilometri”, per cui “se Kiev riceverà tali armi, le grandi città russe, così come le infrastrutture industriali e di trasporto, rientreranno nell’area di possibile distruzione”. E ce n’è anche per l’Italia: in questo caso il bersaglio è la bozza di trattato di sicurezza presentata da Kiev, che vede Roma tra i garanti. Se venisse adottato, la Russia “reagirà in modo negativo”, anche perché avvicinerebbe l’entrata dell’Ucraina nella Nato, ha avvertito il portavoce di Vladimir Putin, secondo cui questo dimostra la necessità della “operazione militare speciale”.

Una ripresa dei negoziati resta insomma difficile, anche se la vicepremier ucraina Olga Stefanishyna ha affermato che, dopo il successo del contrattacco, funzionari russi hanno contattato le autorità per negoziare. Ma il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres frena gli entusiasmi. “Ho la sensazione che siamo ancora lontani dalla pace in Ucraina, mentirei se dicessi che può accadere a breve. Le possibilità di un accordo di pace ora sono minime”, ha detto dopo una telefonata con Putin, incentrata anche sull’emergenza alla centrale nucleare di Zaporizhzhia e la crisi del grano. Scholz, che l’aveva sentito ieri, è stato ancora più chiaro: “Purtroppo non posso dire che il presidente russo abbia maturato l’idea che iniziare la guerra sia stato un errore, e non ha accennato al fatto che cambierà atteggiamento”. E anche il presidente americano Joe Biden ha predicato prudenza: “È chiaro che gli ucraini hanno fatto progressi significativi. Ma sarà un lungo cammino”.

Intanto emergono ricostruzioni sul fatto che Putin respinse un’offerta per fermare l’invasione ai primi di marzo. L’inviato russo per l’Ucraina Dmitry Kozak – ha scritto la Reuters citando “tre persone vicine alla leadership russa” – raggiunse all’epoca un accordo con Kiev che prevedeva la rinuncia ad entrare nella Nato. Kozak, nato ucraino, avrebbe detto a Putin che a suo giudizio l’intesa raggiunta rendeva inutile l’operazione militare. Ma nonostante in un primo momento avesse appoggiato i negoziati, il presidente russo giudicò insufficienti le concessioni di Kiev, dicendo che aveva ormai ampliato i suoi piani con l’obiettivo di annettere parti del territorio ucraino. L’accordo fu quindi lasciato cadere. “Fake news”, le ha liquidate il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov quando gli è stato un commento. Mesi fa il Wall Street Journal aveva scritto che a febbraio il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva fatto “un ultimo tentativo di mediazione tra Mosca e Kiev” chiedendo a Zelensky di “rinunciare all’adesione alla Nato” e “dichiarare la neutralità come parte di un più ampio accordo europeo di sicurezza tra l’Occidente e la Russia”, ma l’interlocutore aveva rifiutato.

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Peter Gomez

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