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Vaiolo delle scimmie, vaccino anche in Francia. E in Italia? Cosa dicono i virologi

Roma, 25 maggio 2022 – Dopo la Gran Bretagna, anche la Francia è pronta ad adottare il vaccino contro il vaiolo delle scimmie. L’Autorità nazionale per la salute (Has) ha annunciato una strategia rivolta agli adulti a rischio di esposizione al virus del “monkeypox”, compresi gli operatori sanitari. Uno scenario ancora non paventato nel nostro Paese, con i virologi generalmente contrari alla vaccinazione (seppur con alcune eccezioni). In Italia sono 6 i casi confermati della malattia, con altre 15 persone sotto osservazione. Rasentano i 200, invece, i contagi segnalati in 16 Paesi di Europa, Stati Uniti, Canada e Australia

Francia

La Francia raccomanda di somministrare solo vaccino di terza generazione, nei 4 giorni successivi al contatto a rischio, fino a un massimo di 14 giorni. Lo schema vaccinale prevede due dosi o tre per i pazienti immunocompromessi, somministrate a distanza di 28 giorni l’una dall’altra. La Has ha spiegato che le raccomandazioni sulla vaccinazione verranno adattate ai dati epidemiologici e clinici che progressivamente si renderanno disponibili. L’agenzia ha inoltre sottolineato l’importanza di disporre di un sistema di monitoraggio e segnalazione dei casi di vaiolo delle scimmie, di informazioni più precise sulla trasmissione da parte dei contagiati identificati, di dati sull’efficacia del vaccino di terza generazione e di una dose di rischiamo per le persone vaccinate nell’infanzia contro il vaiolo umano. In Francia la vaccinazione antivaiolosa è rimasta obbligatoria fino al 1979.

I virologi

Frena sulla vaccinazione Massimo Galli, ordinario di Malattie infettive all’Università di Milano. “Non credo si debba arrivare alla vaccinazione come in Francia. Stiamo parlando di un virus a Dna che ha modalità di diffusione non tali che devono metterci nelle condizioni di pensare a un’epidemia generalizzata a breve termine”, spiega il professor Massimo Galli, che interviene a SkyTg24 tranquillizzando sulla diffusione del vaiolo delle scimmie. “I rapporti costi-benefici ci dicono che non c’è necessità di pensare a un vaccino per questa malattia, anche perché la letalità è molto bassa, almeno nei paesi occidentali, mentre va fatta sana operazione di contenimento epidemiologico, cosa che dovremmo aver imparato bene dopo la pandemia”, aggiunge.

E ancora: “In Africa questo virus interessa i roditori, soprattutto scoiattoli, mentre uomo e scimmia sono solo ospiti. Si tratta di un virus generalista a differenza del vaiolo per cui si contrae meno facilmente: con il passaggio di saliva, ma non con lo starnuto con goccioline che vanno fino a due metri”. Quindi “un passaggio del virus avviene tramite contatti più stretti”. Galli spiega poi come si trasmette il vaiolo delle scimmie nell’uomo. “Si è parlato di rapporto sessuale, ma non dobbiamo pensare a un contratto sessuale genitale o anale, mentre può bastare quello salivare. Ciò non di meno non si può pensare a una trasmissione così facile e si contrasta identificando i contatti”.

L’incubazione del virus è “intorno ai 5-6 giorni anche se può arrivare a 15-20 giorni. Bisogna individuare i contatti stretti”. Il vaccino non serve, secondo la linea di Galli, anche perché esiste un farmaco che funziona bene. “Rispetto ad altri virus – spiega – probabilmente abbiamo un farmaco, anche se non so che quantitativo di questo farmaco sia disponibile. Ce l’abbiamo perché si era studiato un farmaco da usare in caso di attacchi di bioterrorismo con vaiolo e sono stati impiegati 350mila differenti composti per trovare questo farmaco estremamente efficace che inibisce una proteina, la P37, conservata al 98% d’identità in tutti i virus oggi testati”.

Possibilista il virologo Pasquale Ferrante, professore alla Temple University di Philadelphia negli Usa, direttore sanitario e scientifico dell’Istituto clinico Città Studi di Milano. “Un approvvigionamento leggero” di vaccino contro il vaccino potrebbe già essere una buona idea, una possibilità da valutare anche in Italia. “Ma queste decisioni devono essere prese dal Governo in accordo con le Regioni, sulla base dell’evoluzione dei numeri – aggiunge -. Se progressivamente i casi dovessero aumentare, e mi auguro di no anche se per adesso non mi sento assolutamente di azzardare delle stime, ci si potrà muovere in questo senso”, conclude.
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