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di Valentina Melis

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3′ di lettura

Il lavoro domestico in Italia coinvolge una platea di 2 milioni di persone, considerando solo i 920mila lavoratori in regola, iscritti cioé all’Inps e i relativi datori di lavoro, che sono 992mila (una colf, badante o baby sitter può avere infatti più di un rapporto di lavoro, con famiglie diverse). Ma si tratta di un settore nel quale il tasso di irregolarità è elevatissimo: l’associazione datoriale Domina stima che i lavoratori irregolari, per i quali cioè non sono versati i contributi né tracciate le retribuzioni, siano 1,2 milioni. Ai quali corrisponderebbero 1,3 milioni di datori di lavoro “in nero”.

Il tutto porta il totale di persone coinvolte nel lavoro domestico – regolare e non – come datori o dipendenti a 4,5 milioni. L’Ispettorato nazionale del lavoro, nel suo ultimo Rapporto annuale sull’attività di vigilanza (relativo al 2020) registra una percentuale di irregolarità nei controlli pari al 49,37 per cento.

I datori di lavoro

Oltre un terzo dei 992.587 datori di lavoro domestico censiti dall’Inps si concentra in Lombardia e nel Lazio (complessivamente il 34,7%). Seguono la Toscana (8,4%), l’Emilia Romagna (8,2%), il Piemonte (7,7%) e il Veneto (7,4%). Le prime 6 regioni rappresentano il 66% dei datori domestici. Il 95% dei datori è di nazionalità italiana. Gli stranieri comunitari rappresentano il 2,4%, mentre gli extracomunitari sono il 2,6 per cento.

Quanto all’età dei datori di lavoro domestico, le due classi più rappresentate sono quella sotto i 60 anni (31,5%) e quella sopra gli 80 (35,9%). «Si può ipotizzare – spiegano dall’Osservatorio Domina – che la prima fascia sia caratterizzata prevalentemente da rapporti di colf o baby sitter, mentre la più anziana da rapporti con badanti, anche se non sempre il datore di lavoro coincide con il beneficiario della prestazione».

Nel 2020 (ultimo anno di dati Inps) c’è stato un aumento dei datori di lavoro domestico in tutte le regioni, rispetto al 2019: l’incremento varia dal +3,1% del Lazio al +21% della Basilicata, mentre la media nazionale si attesta a +8,5 per cento. Sia sul numero di datori, sia sul numero di lavoratori domestici censiti dall’Inps può aver avuto un effetto, oltre alla pandemia – che ha comportato la necessità di attestare il proprio rapporto di lavoro per potersi spostare – anche la sanatoria dei lavoratori extracomunitari avviata con il Dl 34/2020, che non ha manifestato però ancora completamente i suoi effetti (le domande di regolarizzazione presentate per il lavoro domestico sono state quasi 177mila, ma le prefetture e le questure hanno esaminato finora il 60% delle istanze).

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