Economia

Eurovision Song Contest, attesa per il duetto pacifista Mika-Pausini

La seconda semifinale

Ecco gli ultimi dieci qualificati alla finale: c’è la Finlandia (nel giorno del sì alla Nato). Fuori Emma Muscat. Duetto pacifista Mika-Pausini

di Francesco Prisco

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3′ di lettura

Con l’Eurovision Song Contest la politica, ufficialmente, non c’entra mai eppure c’entra sempre. Ancora di più con la guerra in corso in Europa: la seconda semifinale ci regala così il duetto pacifista tra Mika e Laura Pausini sulle note di Sting e Patti Smith, ma anche la Finlandia che apre le danze nel giorno stesso in cui annuncia l’avvio delle procedure per entrare nella Nato, pezzi che alludono al lockdown, bandiere ucraine sventolate qua e là da questa o quella delegazione e pure la performance dell’Achille Lauro sammarinese che non deve essere piaciuta molto al patriarca Kirill, ammesso che l’abbia vista. E nemmeno al pubblico televotante che non l’ha televotato.

Le ultime dieci finaliste

Quanto al verdetto della gara, tra le 18 nazioni in concorso, raggiungono la finale di sabato 14 maggio Belgio, Repubblica Ceca, Azerbaigian, Polonia, Finlandia, Estonia, Australia, Svezia, Romania e Serbia. Nella finale di sabato 14 maggio affronteranno le «big five» Inghilterra, Francia, Germania, Italia e Spagna, più Svizzera, Armenia, Islanda, Lituania, Portogallo, Norvegia, Grecia, Ucraina, Moldavia e Olanda, qualificatesi martedì scorso.

Si parte con la Finlandia (nel giorno della Nato)

Ironia della sorte, prima nazione a esibirsi è stata la Finlandia (proprio nel giorno dell’annuncio dell’adesione prossima alla Nato) con The Rasmus, vecchia conoscenza rocchettara alle prese con la power ballad zuccherosa Jezebel. Michael Ben David, in forza a Israele, propone l’inno dell’auto-accettazione I.M, rara pacchianata techno. Il messaggio è: «Be proud of who you are». Salutista la serba Konstrakta che si igienizza le mani in habitat clericale sull’elettro-pop di In corpore sano. Quello che ci vuole dopo due anni di pandemia. L’Azerbaigian dispensa il pop patetismo di Nadir Rustamli (Fade to black).

L’eliminazione di Achille Lauro

Bello l’esperimento tra neo-prog e Brit pop dei Circus Mircus, in rappresentanza della Georgia con Lock me in (anche qui un riferimento al lockdown?). Comunque escono: il loro regno non è di questo mondo. Emma Muscat, ex Amici in quota a Malta, la butta sulla ballatona plasticosa (I am what I am). Esce pure lei. Attenzionata speciale San Marino, dal momento che a rappresentarla c’è Achille Lauro a cavallo di un toro meccanico per Stripper, provocazione alla prima persona femminile. Ci scappa pure il bacetto al chitarrista: niente di troppo nuovo sotto il sole. Il pubblico internazionale evidentemente non gradisce e lo elimina. Subito dopo di lui c’è qualcuno più achillelauro di lui: è l’australiano Sheldon Riley che, dietro una maschera di cristallo, gorgheggia I’m not the same.

Etno pop con la pala quello proposto da Cipro con Andromache e la sua Ela. L’Irlanda cucina junk food music e a servirla al tavolo è Brooke (That’s rich). Già il genere è quello che è, mettici pure un’interpretazione approssimativa… La Macedonia del Nord si affida al molto più educato pop melodico di Andrea (Circles). L’estone Stefan pratica cultural appropriation country western con Hope, non esattamente un brano memorabile. Tormentone latin pop la Llamame di Wrs. Ebbene sì: anche la Romania è un paese neolatino. Il polacco Ochman la butta in dramma (Rivers), mentre la montenegrina Vladana dedica alla madre scomparsa Breathe. Virtuosismi che non scaldano. Il Belgio ha i numeri di Jérémie Makiese che se la cava egregiamente con l’Rnb di Miss You. Patinatissima Cornelia Jakobs, proposta svedese che sfoggia la ballata pop Hold me closer. Chiude il discorso l’elettropop antemico dei cechi We Are Domi (Lights off).

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