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Eurovision Song Contest, semifinale al via: c’è subito l’Ucraina

La cronaca della prima serata

A Torino Cattelan, Mika e Pausini col dono della sintesi. Dardust e Diodato tra gli ospiti. Polemica per le molestie al party inaugurale

di Francesco Prisco

Eurovision, i conduttori: “Un pensiero per l’Ucraina: musica e’ pace”

3′ di lettura

L’Eurovision Song Contest ha fatto anche cose buone. Ve lo immaginate voi un Sanremo che dura soltanto due ore e alle 23 tutti a dormire? Uno show in cui ci sono tre conduttori ma fanno i conduttori perché, trattandosi di un concorso canoro, al centro della scena ci vanno soprattutto le canzoni? È più o meno l’effetto che ha fatto la prima semifinale dell’Eurovision Song Contest di Torino, andata in onda su Rai 1 martedì 10 maggio. Nulla di nuovo per chi segue la kermesse, se non per il fatto che un festival organizzato così, in Italia, è di per sé una notizia.

Che emozione: alle 23 tutti a dormire

C’erano tre conduttori di primo piano (Alessandro Cattelan, Mika e Laura Pausini), tutti e tre avevano a che fare con lo show biz tricolore, ma non andavano troppo oltre il seminato, perché il format è internazionale, la liturgia la stabilisce Ebu e non c’è spazio per il gigantismo italico. Lo show c’è (con la tradizionale abbondanza di kitsch e qualche provocazione intelligente), la musica pure (la musica di Esc, rigorosamente per appassionati del genere), gli ospiti non mancano (dall’onnipresente Dardust a Diodato che rimembra ancora la vittoria «mutilata» di Sanremo 2020 con Fai rumore) eppure… est modus in rebus.

Chi va in finale

La musica, dicevamo: approdano alla finale di sabato Svizzera, Armenia, Islanda, Lituania, Portogallo, Norvegia, Grecia, Ucraina, Moldavia e Olanda che al televoto si sono imposte tra le prime 17 nazioni che concorrevano. Sabato, oltre alle nazioni che si qualificheranno con la semifinale di giovedì, avranno modo di affrontare le big five (Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia e Spagna), teste di serie che non passano per i due turni preliminari. E finalmente entreranno in gioco Blanco e Mahmood con Brividi, vittoriosa a Sanremo 2022.

Ucraina in pole per la vittoria

Ma che musica si è ascoltata a Eurovision? La competizione è cominciata con il tribal kitsch della albanese Ronela Hajati (Sekret). Atmosfere vagamente white soul (più white che soul) per la Lettonia, rappresentata dai Citi Zēni vestiti color pastello (Eat your salad), mentre la Lituania guarda in direzione della Mittleuropa anni Venti con il caschetto alla Louise Brooks di Monika Liu (Sentimentai). La Svizzera, al contrario, americaneggia inseguendo un’idea di America non meno retrò: quella di Marius Bear (Boys do cry). Non male il revival Italo Disco degli sloveni Last Pizza Slice (Disko). Nulla che i Daft Punk non abbiano già fatto una decina di anni fa, intendiamoci. Ovazione del pubblico per gli ucraini Kalush Orchestra, grandi favoriti della vigilia con la loro Stefania. E non per motivi squisitamente musicali. Se non è una pole position, poco ci manca.

L’eleganza di Portogallo e Olanda

Hard rock mainstream anni Ottanta nei colori della Bulgaria, rappresentata dagli Intelligent Music Project con Intention. Ci scappa pure un assolo alla Van Halen. Un po’ figlia di Adele, un po’ di Florence Machine è l’olandese S10 (De Diepte). Da attenzionare in chiave podio. Divertente l’esperimento patchanka della Moldavia rappresentata da violini, chitarre elettriche e citazioni dei Ramones di Zdob Si Zdub & Fratii Advahov (Trenuletul). La portoghese Maro scommette sul pop sofisticato di Saudade, saudade. Una world music che potrebbe valere il podio. Ballata acchiapponica per Mia Dismic, star del pop croato che internazionalizza con l’orecchiabilissima Guilty Pleasure. La Danimarca si affida alla zuccherosa power ballad delle Reddi (The Show). La buttano in techno gli austriaci Lum!x e Pia Maria con la compulsiva/ossessiva Halo. È una Islanda neo-country quella delle Systur, alle prese con l’eterea Með Hækkandi Sól. Proprio vero che, visto da lassù, è tutto un altro mondo. Eterea pure Amanda Georgiadi Tenfjord, greca ma non troppo (è naturalizzata norvegese) che gorgheggia Die together. «Date a quel lupo una banana» (Give that wolf a banana) è invece l’imperativo dance dei norvegesi Subwoolfer che riattualizzano il vecchio principio in base al quale basta mettersi una maschera per stare simpatici a tutti. Chiude il quadro il folk educato dell’armena Rosa Linn (Snap).

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