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Femminicidi di Vicenza, il fratello dell’ex moglie: «Lo diceva sempre che l’avrebbe uccisa, l’hanno lasciato libero»

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di Benedetta Centin

«Mio cognato Zlatan Vasiljevic ha picchiato anche me per aver difeso mia sorella»

Nemanja Miljkovic, trent’anni, l’ha sentita sulla sua pelle la violenza brutale del cognato Zlatan Vasiljevic, un «armadio» di quasi due metri. Una notte del marzo 2018 era stato preso a pugni, sul torace e in testa, reo di essere intervenuto con altri familiari per soccorrere nell’abitazione di Altavilla Vicentina la sorella Lidija, in balia ancora una volta del marito sotto l’effetto dell’alcol. E non erano mancate anche allora le minacce. «Vi uccido tutti, vi taglio a pezzi, quando esco di galera vi ammazzo tutti» erano state le parole di Vasiljevic. Una promessa che ha mantenuto, almeno nei confronti dell’ex moglie Lidija Miljkovic
. Anche se a distanza di quattro anni. Come dice il fratello Nemanja.

È così? È stato un omicidio annunciato?


«Sì, noi lo abbiamo detto mille volte che quello era un uomo violento, malato, psicopatico e che quelle minacce voleva portarle a termine. Aveva detto a mia sorella che un giorno sarebbero usciti entrambi sul giornale».

Dice che vi siete fatti sentire, ma in che modo?


«Denunce presentate da Lidija, da noi familiari, integrazioni di denunce, segnalazioni anche attraverso i nostri legali. Ma non abbiamo avuto ascolto, nessuno ci ha creduto ed è sempre così finché non ci scappa il morto…».

Ve lo aspettavate quindi che potesse accadere?


«Non ce lo aspettavamo dopo tutto questo tempo, speravamo che Zlatan avesse preso un’altra strada. Ma del resto lui era una persona violenta, uno che attaccava rissa alle feste, che aggrediva le persone per strada. Una persona malata che andava seguita, non doveva stare libera. Come hanno fatto a non capirlo? Certo lui era bravo a mascherare, mostrando un’altra faccia, mettendosi a piangere coi servizi sociali».

E poi c’era il vizio dell’alcol…


«Sì, era spesso ubriaco anche alla guida del camion, era un pericolo per tutti. Era stato sottoposto all’alcoltest anche in ospedale dopo l’aggressione a Lidija e a noi e non era scattato alcun provvedimento, allora. Solo di recente, al terzo incidente in auto fatto nell’arco di pochi mesi da ubriaco, gli è stata ritirata la patente. Ma del resto finché le cose vanno così in Italia mia sorella non sarà l’ultima ad essere uccisa».

Voi siete intervenuti più volte per allontanare Lidija da lui vero?


«Sì, quando nel 2018 abbiamo saputo dei maltrattamenti abbiamo provato a farla uscire da quella casa ma poi con le minacce, anche nei nostri confronti, era riuscito a farla tornare. Lei aveva paura per tutti noi, si era sacrificata per noi. Nel 2019, quando era scappata di nuovo, eravamo andati a prenderla con la polizia».

Nell’ultimo periodo Vasiljevic aveva smesso di cercare Lidija, no?


«Lei ci raccontava poco per non farci preoccupare ma la seguiva anche dove lavorava, avevano visto la sua auto. E sul suo stato di WhatsApp continuava a mettere frasi tipo “prima o poi la vendetta arriva” o “la mia parola deve essere rispettata”. Tutto materiale che abbiamo mostrato alla polizia».

Un piano premeditato quindi?


«Senza un lavoro la sua occupazione era quella di vendicarsi. In tutto questo tempo ha progettato come fare, secondo me. E il suo programma sarebbe stato anche di far del male a noi visto le bombe che gli hanno trovato».

Sì, bombe, armi…


«Basta solo quello per far capire quanto fosse pericoloso, capace di procurarsi armi e ordigni attraverso ambienti criminali. Una persona che non lavorava, che percepiva il reddito di cittadinanza, che non pagava il mutuo né le bollette».

E come padre com’era?


«Assente, non ha mai dato un centesimo per i suoi figli, mai un messaggio di auguri per il compleanno o per Natale. Eppure giudici e servizi sociali hanno messo allo stesso livello mia sorella con questo mostro. Lidija era il punto di riferimento dei suoi figli, con noi, famiglia molto unita, e con il compagno Daniele i ragazzi stavano bene, erano felici».

È molto arrabbiato, vero?


«Sì, con tutto un sistema che non ha funzionato».

Rimpianti?


«Adesso penso che avremmo potuto rispondere alle sue violenza con la violenza, ma noi non siamo degli assassini, non siamo così. Però almeno avrei salvato mia sorella».

9 giugno 2022 (modifica il 9 giugno 2022 | 23:26)

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