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Il Papa al popolo Inuit: «Chiedo perdono per il male fatto da non pochi cattolici»

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Nell’ultima tappa del suo viaggio in Canada, l’appello di Francesco ai giovani: «Non isolatevi, siete come le stelle del cielo, siete fatti per brillare insieme»

DAL NOSTRO INVIATO IQALUIT

La strada verso il nulla attraversa la città e la tundra, vegetazione rada, qualche cespuglio basso di salice artico, piccole alture, laghi e poi nient’altro. Alla fine del suo «pellegrinaggio penitenziale» tra i popoli nativi del Canada, Francesco raggiunge l’estremo Nord e gli Inuit di Iqaluit, nella lingua inuktitut «luogo di molti pesci», affacciata sulla baia a sud-est dell’isola di Baffin, la capitale del territorio di Nunavut che dista appena trecento chilometri dal Circolo Polare Artico. Solo Giovanni Paolo II si era spinto più oltre, il 2 giugno 1989, quando di là dal Circolo visitò la città di Tromsø, in Norvegia.


L’architettura che ricorda gli igloo

La scuola Nakasuk è una costruzione esagonale a due piani in fibra di vetro, bianca e senza finestre, salvo qualche oblò, per difendersi dal clima polare. Le architetture, come l’assemblea legislativa e la cattedrale vicine, si ispirano agli igloo. Famiglie, bambini, canti tradizionali. È qui che Francesco ascolta i racconti di altri ex allievi delle scuole residenziali cattoliche, sopravvissuti che ricordano la vita nell’igloo e i genitori e poi il «rapimento» a centinaia di chilometri di distanza, perché dimenticassero la loro gente, lingua, cultura.

«Indignazione e vergogna mi accompagnano da mesi»

«Grazie per quanto avete avuto il coraggio di dire, condividendo grandi sofferenze. Ciò ha ridestato in me l’indignazione e la vergogna che mi accompagnano da mesi», dice il Papa. «Anche oggi, anche qui, vorrei dirvi che sono molto addolorato e desidero chiedere perdono per il male commesso da non pochi cattolici che hanno contribuito alle politiche di assimilazione culturale e di affrancamento in quel sistema educativo distorto». Cielo basso di nubi grigie, le case sono funzionali e sollevate su piloni di ferro e cemento per isolarle dal terreno ghiacciato per buona parte dell’anno, anche se il surriscaldamento climatico si fa sentire anche qui e ora il permafrost è una distesa sassosa e ci sono dodici gradi, la temperatura è un po’ alta anche d’estate in una zona che d’inverno precipita a meno quaranta. «Ho provato a immaginare, dopo il nostro incontro a Roma, questi luoghi vasti che abitate da tempi immemorabili e che per altri sarebbero ostili. Voi avete saputo amarli, rispettarli, custodirli e valorizzarli, tramandando di generazione in generazione valori fondamentali, quali il rispetto per gli anziani, un genuino senso di fraternità e la cura per l’ambiente», prosegue il Papa.

«Tramandare la cura per la terra, per le pesone, per la storia»

La Chiesa e l’Occidente hanno molto da imparare dalla cultura delle popolazioni autoctone: «C’è una bella corrispondenza tra voi e la terra che abitate, perché anch’essa è forte e resiliente, e risponde con tanta luce al buio che per gran parte dell’anno la avvolge. Ma pure questa terra, come ogni persona e popolazione, è delicata e occorre prendersene cura. Prendersi cura, tramandare la cura: a questo in particolare sono chiamati i giovani, sostenuti dall’esempio degli anziani! Cura per la terra, cura per le persone, cura per la storia».

30 luglio 2022 (modifica il 30 luglio 2022 | 02:09)

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