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Tentare ora la spallata a Putin o aspettare l’inverno? I dilemmi di Biden (e i rischi in Europa)

di Giuseppe Sarcina

In vista del G7 in Germania e del summit Nato di Madrid, Joe Biden rilancia l’iniziativa — ma ha di fronte a sé scelte complicate. Qual è la soglia da non varcare sul sostegno militare all’Ucraina? E il fronte europeo resterà compatto con l’aumento dei prezzi del gas?

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

WASHINGTON — Toccherà ancora a Joe Biden prendere l’iniziativa nei prossimi vertici internazionali: il G7 che inizia domenica 26 giugno in Germania e la riunione dei Capi di Stato e di governo della Nato, mercoledì 29 a Madrid.

Il tema principale, naturalmente, sarà la guerra in Ucraina. Volodymyr Zelensky parlerà da remoto all’inizio di entrambi i summit.

Dopodiché i leader dovranno prendere decisioni importanti, su almeno tre questioni.

1. Le armi

Il presidente ucraino chiederà ancora ai partner di inviare soprattutto artiglieria pesante e missili a lunga gittata. Nelle scorse settimane il ministero della Difesa di Kiev aveva compilato una tabella sul fabbisogno di Mlrs («Multiple launch rocket system»): ne servono almeno 60 per respingere l’avanzata russa; 40 per rallentarla; 20 non avrebbero un impatto significativo sul terreno. Finora gli Stati Uniti ne hanno inviati 4; altri verranno forniti dal Regno Unito. Ma in totale non si arriva neanche alla decina. Il Consigliere per la Sicurezza nazionale, Jake Sullivan, e il Capo di Stato Maggiore, il generale Mark Milley, stanno coordinando il dialogo con i vertici militari ucraini. Il confronto è molto pragmatico, «centimetro su centimetro», dice informalmente uno dei sottosegretari del Dipartimento di Stato, a margine di un seminario del think tank Atlantic Council, a Washington. Ma, aggiunge la stessa fonte, resta «un delta», una differenza tra le richieste di Kiev e la disponibilità degli americani.

Non è, però, un problema militare, ma pienamente politico.

Joe Biden non vuole spingere le forniture oltre un certo limite. Quale? Sarà la prima domanda che atterrerà sul tavolo del G7 e poi su quello della Nato

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Gli Stati Uniti chiederanno agli alleati di partecipare alla consegna dei missili a lunga gittata. L’obiettivo è, in qualche modo, diluire l’impegno americano e, nello stesso tempo, non dare a Putin il pretesto per intensificare ulteriormente l’offensiva militare, magari allargandola anche ad altri Stati.

La Moldova è considerata più a rischio. Le minacce russe alla Lituania non sono considerate, almeno per ora, al livello di guardia.

2. Le sanzioni
3. La durata della guerra

La discussione sulle sanzioni conduce al terzo punto della discussione, forse il più delicato. Nel gruppo degli alleati si confrontano due scuole di pensiero.

Biden dà credito alla Segretaria al Tesoro, Janet Yellen, convinta che alla fine dell’anno le sanzioni porteranno l’economia russa vicina al collasso. A quel punto Putin sarà costretto a negoziare, sempre che, da qui ad allora, l’Occidente continui a rifornire di armi gli ucraini.

Ma sul versante europeo, specie tra i Paesi dell’Est, sta prendendo forma una preoccupazione speculare. Entro l’anno l’aumento dei prezzi del gas e dei generi alimentari potrebbe innescare massicce proteste popolari in Francia, Italia, Romania e forse anche Germania. In Bulgaria il governo europeista è appena caduto. A quel punto i leader si troveranno a fronteggiare forti pressioni per allentare il sostegno all’Ucraina e cercare l’appeasement con Mosca.

La vice presidente della Commissione europea, Vera Jourova, ci ha detto, sempre al margine del seminario di Atlantic Council: «Già oggi c’è una robusta percentuale di persone contrarie ad appoggiare l’Ucraina; varia dal 20 al 40%, a seconda dei Paesi».

È uno scenario da incubo per Zelensky. Ma lo sarebbe anche per Biden.

Si arriva allora al dilemma finale: provare a dare adesso la spallata a Putin, con il pericolo di un’ulteriore escalation?

Oppure aspettare l’inverno, ma con il rischio che si sfaldi il blocco europeo?

24 giugno 2022 (modifica il 24 giugno 2022 | 10:49)

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