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Tullio Solenghi: «Mi trasformo in Gilberto Govi, il mio idolo»

di Emilia Costantini

L’attore genovese interpreta un cavallo di battaglia di Govi, con cui ha inaugurato il Festival a lui dedicato, al Teatro Sociale Camogli, che si concluderà il 5 giugno

La prima volta che ha conosciuto Gilberto Govi aveva 7 anni. «A Sant’Ilario Ligure (Genova), dove sono nato – racconta Tullio Solenghi – si era sparsa la voce che il celebre attore era nel ristorante del paese e noi bimbi, che lo vedevamo sempre in tv, andammo a farci fare un autografo. Lui ci accolse come un nonno benevolo e, siccome non aveva la carta a disposizione, prese un tovagliolo bianco su cui tratteggiò un suo mini-ritratto, aggiungendo la firma. Da allora per me è stato un imprimatur: prima o poi lo devo portare in scena. E finalmente ci sono riuscito. Certo, ci ho messo un po’ di tempo, di anni ne ho 74: sono un motore diesel».

Si intitola «I maneggi per maritare una figlia», lo spettacolo con cui Solenghi ha inaugurato, al Teatro Sociale Camogli, il Festival Gilberto Govi,che si concluderà il 5 giugno. Un testo storico di Nicolò Bagicalupo, cavallo di battaglia dell’attore genovese. Affiancato da Elisabetta Pozzi in versione comica, nel ruolo della moglie Giggia, Solenghi realizza il suo sogno: «Ho trasformato il mio volto nella maschera-Govi e ogni sera mi sottopongo a un’ora e mezzo di trucco. Una maschera della Commedia dell’arte, un Arlecchino ligure». La rappresentazione è in dialetto genovese. Ma Govi venne espulso dall’Accademia filodrammatica perché si ostinava a recitare in dialetto: «Poi, grazie al suo successo, venne riammesso come socio onorario. È pur vero che il dialetto, nella mia generazione attoriale, era considerato una deminutio, ma non l’ho mai voluto perdere, mi esercito regolarmente a parlare la mia “lingua”, per non dimenticarla». La trama della commedia è semplice. «In una famiglia piccolo borghese, la moglie di Stefano, detto Steva, il mio personaggio, sogna di far sposare la loro figlia con quello che definisce un “mezzo nobile”, e il marito le risponde: mezzo nobile? E l’altro mezzo cos’è? La moglie inviperita ribatte: giuro che non ti dirò più niente, vorrei morire se parlo ancora! E lui, rivolgendo gli occhi al cielo, esclama: accontentatela!».

Non solo Govi. Solenghi è impegnato anche con Woody Allen: il 17 giugno sarà al Teatro Romano di Verona con Dio è morto e neanch’io mi sento tanto bene
. «Un reading movimentato, che si basa sugli estratti di tre libri di Woody: Saperla lunga, Effeti collaterali, Citarsi addosso. Lo spettacolo è diviso in capitoli: Allen e le donne, Allen e la religione, Allen e la psicoanalisi… Non mancano le sue battute fulminanti». Per esempio? «Bè, quella sul sesso, dove dice che praticarlo è come giocare a bridge, se non hai un buon partner devi avere una buona mano. Oppure: il mio primo film era talmente brutto che, in alcuni stati americani, aveva sostituito la pena di morte… E ancora: la mia era una famiglia molto tranquilla e i miei mi picchiarono una volta sola, cominciarono nell’ottobre 1958, finirono nell’estate del 1962. Infine, la battuta sullo psicoanalista: ti fa un sacco di domande, quelle che tua moglie ti fa gratis». Il 25 giugno sarà con Massimo Lopez alla Venaria Reale di Torino con il loro storico show. «Festeggeremo le 300 repliche realizzate e stiamo pensando a uno Show2». E il ricordo di Anna Marchesini non può mancare: «Un mese prima che ci lasciasse, andai a trovarla a casa. Stava male, ma volle raccontarmi la trama del suo ultimo libro, È arrivato l’arrotino. Un’emozione che non dimenticherò mai».

28 maggio 2022 (modifica il 28 maggio 2022 | 21:03)

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