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I racconti dei prigionieri russi: «Mi hanno puntato una pistola: “Ora vai a combattere”»

di Giusi Fasano, inviata a Kiev

Le interviste dello youtuber Volodymyr Zolkin ai soldati di Mosca catturati in battaglia. Le testimonianze e le voci di tanti giovanissimi: «Non eravamo pronti, così non si vince»

«A me hanno detto di trascinare uno di quei tre a bordo strada. E mentre lo trascinavo per i piedi lui ha fatto un suono. Avevo una paura fottuta. Allora ho urlato e gli ho sparato». Non è un interrogatorio e non ci sono militari di fronte a lui. Dambaev Chingiz Tumonovich — da prigioniero chissà dove — sta parlando con un blogger che si chiama Volodymyr Zolkin, uno youtuber che ha ottenuto il permesso di intervistare «gli invasori catturati», come li definisce lui. Una sorta di ricerca sociologica, chiamiamola così, che ha pure un nome: Ishchi Svoikh, cioè «cerca il tuo». «Cerca il tuo» dev’essere un invito per i parenti degli intervistati. Che possono trovare l’intervista del soldato di casa sul canale Telegram di Zolkin. Finora ne ha sentiti più di cento. Loro si siedono di fronte a lui e all’inizio sembrano pezzi di legno per quanto sono rigidi. Ma una domanda dopo l’altra si lasciano andare.

I prigionieri feriti e le lacrime

E così Stepanov Dmitri Arkadevich, giovanissimo soldato semplice e cecchino della divisione militare 18664, racconta di aver incrociato civili sulla strada per Kiev e che lui e la sua squadra hanno preso a quella gente telefonino e sigarette. «Preso?», lo incalza Zolkin. «Sì, li abbiamo chiesti prima». L’altro scoppia in una risata. «Ma ti senti? Secondo te potevano dire no davanti a voi che gli puntavate l’arma addosso?». E lui ammette che «sì, in effetti…», e aggiunge che quelli di un altro plotone hanno rubato un Pajero. «Secondo te perché il vostro governo fa questo?», chiede l’intervistatore. Risposta: «Perché vuole Luhansk e Donetsk». «Ma quelle sono a Sud. E allora perché venivate a Kiev?» «Non lo so, non ne ho idea. Io non sapevo niente prima di passare il confine». Molti giurano di essere arrivati all’alba del 24 febbraio senza avere idea di cosa li aspettasse, alcuni hanno avuto le armi quand’erano ormai in territorio ucraino. Il blogger chiede se vogliono telefonare a casa. E allora nelle registrazioni finiscono (con il consenso dato in diretta) anche le nonne, le mamme, le fidanzate. E le lacrime. I prigionieri raccontano quasi sempre che sono stati feriti ma «adesso sto meglio, ma’, non ti preoccupare». «Mi stai mentendo?» chiede la nonna a Stepanov. «No, giuro di no. Sto bene. Lo puoi vedere con i tuoi occhi domani sul canale Telegram…». I più sono stati catturati da feriti. Nikita Luzin, 22 anni, arriva su due stampelle. Sembra stupito quando Zolkin gli chiede che cosa vuol dire per lui «denazificazione». Imbarazzato, come se non avesse studiato per un’interrogazione a scuola. «Giuro che non l’ho ancora capito», dice.

La fuga, la cattura, il sangue

Vladislav Vasiliev, nato nel 2004, viene da Luhansk, una delle due province ribelli dell’Est. Racconta che stava lavorando in una fabbrica quando «sono arrivati loro, mi hanno puntato una pistola alla testa e mi hanno detto: adesso vai a combattere. Non eravamo preparati e non penso che in questo modo si possa vincere la guerra». Anche Daniil Kornilov è nato nel 2004, anche lui ha la faccia da ragazzino e non sa niente di «denazificazione». Si accalora, parlando, fino a dire che secondo lui «Putin è un pazzo». L’intervistatore gli chiede se non ha paura nel dire una cosa del genere e lui ripete che «no, nessuna paura. È quel che penso davvero». Il luogotenente Vladislav Alekseyevich Salov è nato nel 1997. Ha problemi a un occhio. Racconta la scena drammatica della cattura: la fuga, il bosco, i soldati ucraini sempre più vicini e poi l’esplosione e il sangue. «Ho detto ai miei uomini: arrendiamoci». Pensava di morire, Vladislav, e non poteva nemmeno chiamare casa un’ultima volta: «Ci avevano sequestrato i cellulari per evitare che ci localizzassero». E poi c’è Igor Volkov (classe 2001) che si sveglia ogni mattina sperando sia il giorno buono per tornare a casa. «Mi hanno promesso che farò parte di uno scambio di prigionieri — dice — perché sono stato catturato proprio all’inizio della guerra e non ho mai fatto niente di stupido». Chissà. Magari il suo giorno buono è oggi.

6 maggio 2022 (modifica il 6 maggio 2022 | 08:07)

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